Storia e curiosità della Famiglia Visconti, alla quale è dedicata una delle Cappelle di Sant’Eustorgio
La storia di Sant’Eustorgio si è legata fortemente a quella di Milano e alle famiglie che l’hanno governata. Una di queste è la famiglia Visconti, ai quali è dedicata anche una delle cappelle della Basilica.
La famiglia Visconti è una delle più antiche e illustri famiglie nobili italiane, presente sin dalla fine del X secolo nel territorio dell’Italia settentrionale, dove sorse l’omonimo Ducato Visconteo con capitale Milano. I Visconti sono stati signori di Milano dal 1277 al 1395, anno in cui Venceslao di Lussemburgo, allora sovrano del Sacro Romano Impero, conferì a Gian Galeazzo Visconti il titolo di Duca di Milano, oltre che vicario imperiale.
Il ramo principale della famiglia Visconti è stato protagonista della scena politica del nord Italia fino al 1447 quando, alla morte di Filippo Maria Visconti, il quale non aveva eredi legittimi, subentrarono gli Sforza, grazie al matrimonio di Francesco Sforza con Bianca Maria Visconti, figlia dell’ultimo Duca.
Nel corso degli anni la famiglia si suddivise in diversi rami, alcuni dei quali furono investiti di feudi lontani da Milano, ma il ramo che diede vita alla dinastia signorile e poi ducale della città viene fatto discendere da Uberto, deceduto nella prima metà del XIII secolo.
Investito dell’arcivescovado di Milano il 22 luglio 1262 da Papa Urbano IV, il figlio di Uberto, Ottone, sostenne una lunga lotta contro la fazione popolare capeggiata dai Della Torre, che sconfisse a Desio nel 1277, con il sostegno dei propri vassalli e valvassori. Nel 1287 il pronipote Matteo I fu eletto capitano del popolo e ricevette il vicariato imperiale nel 1288 dall’imperatore eletto Rodolfo I.
Nel 1302 la famiglia Visconti fu esiliata dalla città a causa della continua resistenza da parte degli oppositori ma riuscirono a rientrare a Milano otto anni dopo, nel 1310, grazie al supporto del nuovo imperatore Enrico VII, non senza nuovi contrasti da parte dei guelfi.
Stemma della famiglia Visconti nell’omonima Cappella in Sant’Eustorgio.
Qual è quindi il legame tra la Basilica di Sant’Eustorgio e la famiglia Visconti? Busto e stemma di Matteo I Visconti sono visibili sulla parete esterna della cappella Visconti di San Tommaso in Sant’Eustorgio, da lui fatta edificare nel 1297 all’età di 47 anni, stesso periodo al quale risale anche il suo ritratto scolpito in pietra.
Matteo I Visconti era figlio di Tebaldo e di Anastasia Pirovano, nipote di Ottone Visconti, signore di Milano dal 1262. Matteo I iniziò la sua carriera politica nel 1287, quando fu eletto capitano del popolo, e proseguì fino al 1322 quando rinunciò al governo a favore del figlio di Galeazzo.
L’attività politica di Matteo I si divide in tre periodi principali: dall’elezione alla sua espulsione da Milano nel 1302, in cui non gli fu possibile riuscire a consolidare la signoria; l’esilio e i diversi stratagemmi messi a punto con Enrico VII per ottenere prima il ritorno in città e poi la concessione del vicariato nel 1311; infine le lotte sempre più violente con i guelfi e il papato durate fino alla sua morte, nel 1322.
Durante il proprio governo, Matteo appoggiò il prozio Ottone, che lo fece eleggere podestà e capitano del popolo nel 1287 con la rinconferma di cinque in cinque anni (1289, 1294, 1299), nella lotta contro il marchese di Monferrato.
L’ascesa di Matteo ebbe una progressione continua dopo la cattura di Guglielmo di Monferrato nel 1290. Fu eletto capitano di Novara e Vercelli nello stesso anno e poi di Alessandria, di Como e del Monferrato nel 1292, mentre nel 1294 fu nominato vicario imperiale di Lombardia dall’imperatore Adolfo di Nassau.
I suoi anni di reggenza furono insistentemente minacciati dalle coalizioni e rivolte delle città piemontesi e lombarde contro Milano, oltre che dalla costante guerriglia della famiglia dei Torriani e dai rancori privati. Nel 1302 una coalizione portata avanti dal signore di Piacenza portò Matteo I alla rinuncia del capitanato a Milano e al rientro dei Torriani. Matteo fu esiliato nei pressi di Verona e riuscì a rientrare nella sua città solo nel 1310 grazie al favore dell’imperatore Enrico VII, che nel luglio dell’anno seguente lo nominò vicario imperiale.
La signoria milanese dei Visconti vide una forte espansione negli anni della presenza dell’imperatore in Italia: nel 1315 infatti Matteo, direttamente o tramite i figli, dominava Piacenza, Bergamo, Lodi, Como, Cremona, Alessandria, Tortona, Pavia, Vercelli e Novara. Tuttavia nuove lotte dinastiche in Germania e l’aspirazione di Giovanni XXII al dominio sull’Italia settentrionale lo coinvolsero in contrasti sempre più gravi. Matteo lasciò quindi il titolo di vicario imperiale facendosi nominare signore dal popolo e per fronteggiare le pressioni di Torriani, guelfi, e di re Roberto d’Angiò, si avvicinò sempre di più agli Scaligeri, Bonacolsi e al conte di Savoia.
Nel 1320 e nel 1322 riuscì a respingere Filippo di Valois e il duca Enrico d’Austria, inviati dal papa per minare ancora una volta il potere di Matteo, che venne però accusato di eresia e successivamente scomunicato. Nel 1322 abdicò in favore del figlio Galeazzo e morì nello stesso anno.
Le foto sono di Giovanni Dall’Orto
Con l’estromissione dei Della Torre, Matteo I diede inizio ad un’opera di unificazione della Lombardia che fu poi portata avanti dai suoi successori, Galeazzo I, Luchino, Stefano e Giovanni.
Galeazzo I fronteggiò l’opposizione guelfa e pontificia ma fu fatto prigioniero da Ludovico il Bavaro nel 1327. Gli succedette il figlio Azzone Visconti che ebbe il compito di completare l’unificazione e cercò di gettare le basi di una struttura che potesse coordinare politicamente i suoi domini accentrando il potere nelle mani della dinastia.
Azzone comprò il titolo di vicario di Milano dall’Imperatore Ludovico IV e nel 1332 gli si affiancarono gli zii Luchino e Giovanni Visconti in una sorta di triumvirato che venne più volte minato da un altro zio, Lodrisio, ma che rimase al potere consolidando sempre di più la supremazia della famiglia Visconti.
Fu con i figli di Stefano Visconti e Valentina Doria, Matteo II, Galeazzo II e Bernabò che la signoria acquisì sempre più splendore e potenza, grazie ad un ridimensionamento delle autonomie locali ed all’attrazione delle molte piccole signorie rurali che andarono a creare una primitiva struttura statale.
Lo splendido monumento funebre di Stefano e Valentina Visconti si trova nella cappella omonima in Sant’Eustorgio ed è stato realizzato dopo la morte di lei nel 1359 da Bonino da Campione per ospitare le spoglie dei due coniugi.
Alla morte di Giovanni Visconti, ai nipoti fu quindi conferita la signoria e i beni furono divisi in tre parti. Bernabò ottenne due porte di Milano insieme alle città e terre orientali e nel 1371 riuscì a conquistare Reggio Emilia. La sua amministrazione della giustizia fu uno strumento per la costruzione del consenso e si appoggiò spesso a moglie e figli affidando loro il governo di singole comunità e città.
A Matteo II spettarono Lodi, Parma, Piacenza, Bobbio, Bologna, Pontremoli, Melegnano, Monza, Vaprio e Pandino, territori che alla sua morte furono divisi tra gli altri due fratelli.
Galeazzo II ottenne invece i territori occidentali vicini ai domini sabaudi. Un capitolo a parte merita il rapporto che Galeazzo ebbe con Pavia. Dopo la presa della città, avvenuta il 13 novembre del 1359, questa visse uno straordinario rinnovamento urbanistico a partire dal 1360 che fu parte di un piano ben costruito per valorizzare al meglio la memoria del ruolo di capitale del Regno longobardo prima e del Regno d’Italia poi, che Pavia ebbe fino all’XI secolo.
L’eredità della città fu un aspetto molto importante sia per Galeazzo II che in seguito per il figlio Gian Galeazzo, per legittimare il proprio potere ponendosi in diretta continuità con i re longobardi e altomedievali. Nel 1365, terminati i lavori di costruzione del castello, Galeazzo II vi si trasferì portando con sé la sua intera corte e da qui iniziò a governare i territori occidentali dei domini viscontei, con pratiche e ideali governativi completamente diversi da quelli del fratello Bernabò.
A Pavia Galeazzo si circondò di intellettuali, ospitando Francesco Petrarca alla propria corte, creando una importante biblioteca all’interno dello stesso castello e fondando nel 1360 l’università, la prima di tutto lo Stato Visconteo. Tra le opere che, con la moglie Bianca di Savoia, furono patrocinate da Galeazzo II ci fu il cantiere della Chiesa del Carmine e il monastero di Santa Chiara la Reale, mentre attorno al castello il vasto parco Visconteo doveva rievocare il favoloso giardino del palazzo Reale altomedievale.
Sempre fedele alla rievocazione del sogno regio, alla sua morte Galeazzo II volle essere sepolto nella chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro, dove già si trovava la tomba del re longobardo Liutprando.
Le foto sono di Giovanni Dall’Orto
Alla morte di Galeazzo II, il figlio Gian Galeazzo portò avanti con convinzione le idee del padre e nel 1385, con un colpo di mano riuscì, con la deposizione dello zio Bernabò, ad unificare i domini viscontei, fino a quel momento divisi in due corti distinte.
Da quel momento la corte di Gian Galeazzo, pur spostandosi di tanto in tanto tra Pavia e Milano, risiedette per la maggior parte del tempo nel castello di Pavia frequentando sempre più spesso il Parco, che fu ampliato e dotato di nuove strutture. Al confine del Parco Visconteo si trovava la Certosa, il tempio dinastico voluto dal signore.
Con Gian Galeazzo lo Stato Visconteo raggiunse la sua massima estensione: tra il 1387 e il 1389 furono conquistate Verona, Vicenza, Feltre, Belluno e, temporaneamente, Padova, mentre tra il 1399 e il 1402 il controllo fu esteso a Pisa, Siena, Perugia, Assisi e Bologna. Rifacendosi al sogno regio del padre, Gian Galeazzo riuscì a trasformare i Visconti in una dinastia ereditaria ottenendo nel 1396 il titolo di duca di Milano da parte dell’imperatore Venceslao.
La creazione della contea di Pavia concessa dall’imperatore nel 1396 e destinata al primogenito era parte del progetto di Gian Galeazzo per la signoria, così come la duplicazione della capitale e delle sedi della corte a Milano e Pavia e l’istituzione di una struttura burocratica e camerale che raddoppiava le istituzioni milanesi.
Questa dualità conferiva a Pavia una forte identità all’interno del dominio visconteo a discapito della centralità milanese, situazione che perdurò anche dopo il 1413, quando Filippo Maria scelse definitivamente Milano come sede principale della corte.
Nel 1402 alla morte di Gian Galeazzo, il Ducato passò ai figli Giovanni Maria e Filippo Maria ma il dominio si sbriciolò conservando a stento le province più vecchie. La linea Ducale di Milano si estinse nella linea maschile con la morte di Filippo Maria nel 1447 ed il Ducato passò nelle mani di Francesco Sforza, che aveva sposato la figlia illegittima di Filippo, Bianca Maria.
Inizia qui la storia della Milano Sforzesca, che potete approfondire in un altro nostro percorso Oltre il Museo.
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