L’Epifania, i Magi e Sant’Eustorgio
Nella tradizione cristiana l’Epifania è la festa della rivelazione di Gesù come Dio. La parola stessa “Epifania” in greco significa “apparizione” ed è una parola da sempre collegata alla manifestazione di una divinità. All’Epifania sono strettamente legate le figure dei tre Re Magi e noi oggi e per le prossime settimane vi parleremo di loro, il cui culto per lunga tradizione è legato alla Basilica di Sant’Eustorgio. Già sulla facciata della Basilica una lapide in latino pare voler introdurre il visitatore all’incontro con una tradizione particolarissima, ricordandogli che sta per varcare la soglia dell’antica chiesa «del titolo dei Re Magi». All’interno vi è una grande, monolitica arca di pietra grigia, che reca l’iscrizione: Sepulcrum Trium Magiorum. A fianco vi è un prezioso trittico marmoreo, opera di un anonimo maestro campionese, datato 1347, raffigurante la storia dei Magi, le cui reliquie, o per meglio dire quel che ne rimane dopo la sottrazione delle reliquie stesse da parte del Barbarossa nel XII secolo, sono ancora custodite nell’urna lì presente.
Ma i Magi chi erano? Ed erano davvero tre soltanto? E ancora: cosa hanno rappresentato queste figure per i primi cristiani? E che rapporto ha Milano con questa storia?
Narra Matteo nel Vangelo che, al tempo di re Erode, dei Magi arrivarono dall’Oriente a Gerusalemme per cercare il re dei giudei. La stella che li aveva guidati e preceduti nel loro cammino riapparve e si fermò sul luogo dove era nato Gesù. «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre e prostratisi lo adorarono; quindi, aperti i loro scrigni, gli presentarono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non ritornare da Erode, per un’altra via fecero rientro al loro paese» (Mt 2, 11-12). Così l’evangelista presenta i Magi, con una prosa precisa ma sintetica. E nessun ulteriore riferimento al riguardo si trova negli altri tre Vangeli, e ben poco di storicamente attendibile aggiungono gli scritti apocrifi di epoca successiva. Matteo, dunque, non precisa il numero, né l’esatta provenienza di questi personaggi, primi rappresentanti dei “gentili” (cioè dei pagani) giunti a Betlemme a rendere omaggio al Redentore. Anche il termine greco “magos” non è di semplice interpretazione, derivato probabilmente dal sanscrito o dall’indoeuropeo nel significato di “grande” o di “dono”. Quel che è certo è che mentre nell’Antico Testamento “mago” era sinonimo di stregone o fattucchiere, ed aveva quindi un significato prevalentemente negativo, in Matteo esso diviene indubbiamente positivo, applicato a persone sagge e pie. I Magi, inoltre, erano molto probabilmente degli astrologi, forse appartenenti ad una casta sacerdotale diffusa da tempo nella Media (l’attuale Iran settentrionale), in Mesopotamia e in Persia, che seguiva gli insegnamenti di Zoroastro, fondatore della religione nota come Mazdeismo, una fede monoteista.
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