Alessandro Pessoli, Testa Cristiana: ecco le opere in mostra

Testa che piange e sorride, 2008
Olio su tela, 160 x 130 cm
Courtesy: Collezione Sandra e Giancarlo Bonollo, Italia

La fine degli anni 2000 è il periodo in cui il lavoro di Pessoli si avvicina all’iconografia cristiana, affrontandola nell’ottica dell’ambizione a “veicolare concetti e sensazioni complesse, di catturare sentimenti e stati d’animo” che caratterizza tutta la sua pratica, come lui stesso afferma.

L’artista usa la pittura per condurre un’indagine sull’intensità emotiva che connota volti e gesti dell’individuo. I due dipinti del 2008 riescono con delicatezza a rappresentare momenti di spiritualità: Testa che piange e sorride mostra emozioni contraddittorie e del tutto umane, e al contempo è circondata da un alone luminoso che ricorda un’aureola; in Figura che prega un corpo maschile sgraziato si raccoglie in atteggiamento umile.

Cross Play Music, 2010
Olio, smalto, vernice spray su tela, 120 x 100 cm
Courtesy: Collezione Maramotti, Reggio Emilia
Foto: Carlo Vannini

Nel 2009 l’artista si trasferisce a Los Angeles: qui il suo lavoro, che nasce con matrici di volta in volta espressioniste, futuriste o legate alla figurazione Modernista di esponenti come Arturo Martini, Mario Sironi e Fausto Melotti, si apre a influenze Pop. Questo stesso anno vede la partecipazione di Pessoli alla 53a Biennale di Venezia con un ciclo di disegni a soggetto religioso.

Di poco dopo è il vitale Cross Play Music, in cui l’allusione a una dimensione religiosa è indicata dalla presenza dei simboli cristiani della croce e delle candele. Lo ieratico Cristo deriso #2 è esemplare dell’evoluzione più recente della sua pratica, in cui raggiunge una crudezza pittorica che lascia spazio agli aspetti più esasperati dell’emotività.

Con colori acidi applicati con vernice spray e altre tecniche, Pessoli riprende le tradizioni tanto storico artistiche quanto popolari della rappresentazione del volto di Gesù sofferente, in particolare nell’iconografia dell’Ecce Homo.

In Testa Cristiana-derisione compare anche, come in alcune versioni antiche del racconto evangelico (tra cui la celebre versione ad affresco di Beato Angelico nel Convento di San Marco a Firenze), la sola mano dell’aguzzino che colpisce: rossa, gigantesca e chiusa a pugno è emblema incontrovertibile di violenza su un innocente.

Testa Cristiana #1, #2, #3 sono collocate nell’area della Cappella Portinari, in modo che i loro colori vivaci risuonino con le cromie luminose della cupola affrescata. Si tratta infatti di opere, come tutte quelle di questo gruppo, realizzate dall’artista appositamente per questa mostra.

Testa Cristiana #1, 2018 – Olio, inchiostro, candeggina, tempera, vernice a spray, pastelli ad olio, 57×76,5 cm – Courtesy: Collezione Privata, Italia – Foto: Roberto Marossi | Testa Cristiana #2, 2018 – Olio, inchiostro, candeggina, tempera, vernice a spray, pastelli ad olio, 57×76,5 cm – Courtesy: l’artista e ZERO…, Milano – Foto: Roberto Marossi | Testa Cristiana #3, 2018 – Olio, inchiostro, candeggina, tempera, vernice a spray, pastelli ad olio, 57×76,5 cm – Courtesy: Collezione Privata, Italia – Foto: Roberto Marossi

Lacrime e cera, 2018 Cartapesta, filo di ferro, lamiera, cera, acciaio, 40 x 33 x 60 cm Courtesy: l’artista e ZERO…, Milano

Torna, come nei quadri presentati nella Sala Capitolare, un’espressività intensa, ma pacata: la testa, con le sue grosse lacrime, è caratterizzata dall’enfasi sulle dimensioni di occhi, orecchie e bocca, a ribadire la sua umanità.

Nonostante gli attributi della piccola croce e della corona di foglie, questa è la raffigurazione dolente di uno degli “ultimi”. La scelta di materiali non nobili come la latta e la cera, accentua il senso di precarietà di questo personaggio.

Figura che Torna, 2020 Legno, cera, carta dipinta, filo di ferro, 130 x 63 x 60 cm Courtesy: l’artista e ZERO…, Milano

L’artista ha scelto di includere in questa esposizione Bucaneve (originariamente realizzata per una mostra a Milano nel 2008) per la sua attinenza al tema delle reliquie. Il corpo in maiolica, chiaramente umano anche se senza testa, è diviso in parti, dalle quali sbocciano forme simili a fiori. I colori vivaci, accentuati dall’invetriatura del materiale, sono in apparente contrasto con la posizione coricata e quindi legata alla morte. In realtà, insieme alle infiorescenze, rende la scultura intensamente vitale.

La possibilità di esporre all’interno dei resti di una necropoli tardo antica ha stimolato il concepimento di questa scultura, giacente ma viva, fatta di materiali poveri ma regale nella sua compostezza. Il supporto in legno sul dorso fa si che, anche se disteso, il corpo sia come ostenso: l’attributo canonico della corona di spine da cui sboccia un fiore fa pensare al tema della Resurrezione, il cuore (pop, infantile, quotidiano, ma universale) conferma la vittoria della vita.

Sant’ Ambrogio fiorito, 2020 Maiolica dipinta, terracotta, 34 x 30 x 73 cm Courtesy: l’artista

In eco al S. Ambrogio Benedicente del X secolo, uno dei capolavori della collezione del Museo Diocesano Carlo Maria Martini esposto all’inizio del percorso espositivo museale, l’artista ripensa la figura del santo milanese, recuperando gli aspetti più minuti e quotidiani del racconto agiografico. Ambrogio è il protettore degli apicultori perché da bambino, mentre dormiva con la bocca aperta, uno sciame d’api entrò nella sua bocca senza pungerlo, per poi sparire volando in cielo. I fiori, elemento ricorrente nel lavoro di Pessoli soprattutto in ceramica, e le api – insieme all’espressione di dolcezza, vogliono simboleggiare in questa scultura vita e gentilezza.