L’Orante a Palmira
Andando Oltre il Museo arriviamo a Palmira, un cruciale snodo di transito commerciale tra l’Oriente e l’Occidente per i primi tre secoli dell’impero, che sorgeva in una zona ricca di acqua e a cavallo tra i territori dell’impero Romano e la Persia.
Grazie al suo importante ruolo di crocevia carovaniero, Palmira accoglieva un eccezionale melting pot culturale con un altrettanto variegato pantheon, nel quale era possibile ritrovare diverse figure divine, alcune di origine spiccatamente locale, altre importate.
Tra le divinità cosmiche, il più importante era Bol, poi mutato in Bel, originario dell’oasi; Baalashamin, “signore del cielo”, era invece di origini fenicie, mentre tra le divinità arabe importate a Palmira si potevano trovare Arsu, spesso rappresentato armato o su una cavalcatura, Shamash (Sole) e Allat. Il culto di queste divinità veniva celebrato in santuari urbani ed extraurbani e spesso anche più divinità venivano venerate nello stesso spazio sacro.
Anche il “Dio Anonimo” o “Dio senza nome” occupava una posizione di rilievo nel pantheon di Palmira: il culto di questa divinità, comunemente identificata nelle iscrizioni come “colui il cui nome è benedetto per sempre”, si è affermato dalla prima metà del secondo secolo d.C. Ad oggi viene considerato dagli studiosi come una forma più personale e privata del culto di Baalshamin ed è testimoniato a livello archeologico da stele e piccoli altari votivi con una base variamente modanata, corpo parallelepipedo e una superficie sommitale emisferica.
Ecco quindi che l’iconografia più diffusa in questi monumenti votivi è proprio il gesto di supplica o di preghiera, rappresentato in bassorilievo con le due mani a palmi aperti rivolti verso il cielo in posizione frontale, anche senza l’intero corpo dell’orante.
Il più famoso tra gli altari di Palmira nel quale è rappresentato l’orante a figura intera è invece quello di Mallaha e Hurmuz, che risale alla prima metà del terzo secolo d.C. Si tratta di un piccolo monumento votivo la cui faccia principale è dominata da due figure i cui tratti anatomici sono molto stilizzati, che si trovano in atteggiamento di preghiera con le mani aperte in posizione frontale rivolte verso l’alto. Le mani sono sproporzionate rispetto al resto del corpo a sottolineare l’importanza del gesto.
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